A cura di Umberto Rosato
Revisione di Davide Di Tonno
Con i casi di coronavirus a livello globale che hanno superato i 100 milioni, EMA ha finalmente approvato il terzo vaccino anti covid, l’AZD1222 prodotto da AstraZeneca in collaborazione con Oxford. Il contratto tra AstraZeneca ed unione europea sulle forniture del vaccino è già però da tempo sotto i riflettori. Secondo l’UE infatti, AstraZeneca non è stata chiara sul programma di consegne e non sarebbe in grado di rispettare gli obblighi contrattuali sulle dosi dei vaccini per il primo trimestre. Inoltre, AstraZeneca è già al centro dell’attenzione dalla pubblicazione dello studio del vaccino su Lancet il 9 gennaio, dove, per un caso di pura serendipità, ha raggiunto un’efficacia del 90%.
Nel dizionario, per serendipità si intende “La capacità o fortuna di fare per caso inattese e felici scoperte”. Questa parola è stata fondamentale in ricerca ed ha salvato milioni di vite, pensate ad esempio alla penicillina, il primo antibiotico. Fleming stava crescendo delle colture batteriche sul bancone e, per caso, un pezzo di muffa cadde dal soffitto. Molti scienziati avrebbero semplicemente buttato tutto e rifatto le colture, il genio di Fleming fu appunto il notare come l’incidente abbia dato un notevole effetto inatteso, eliminare i batteri accanto alla muffa, ed investigare di più la questione.
Serendipità e vaccino AstraZeneca
Ma in cosa consiste la serendipità nel vaccino AstraZeneca? Nell’errore di misurazione del DNA. Infatti il vaccino AstraZeneca è costituito da particelle virali che contengono al loro interno DNA che produce la proteina spike del virus covid. Questi virus sono però modificati: una volta nell’organismo introducono il loro DNA nelle cellule target ma sono incapaci di replicarsi. La cellula target produce così la proteina spike, e ciò segna l’inizio di un processo che porta allo sviluppo di immunità contro il virus.
Il vaccino AstraZeneca può essere conservato dai 2 agli 8° C per mesi, mentre i vaccini Moderna e Pfizer, basati su RNA, devono essere conservati a -20° e -70° C rispettivamente. Ciò riduce di moltissimo i costi del trasporto e tutti i problemi connessi al mantenimento di una così bassa catena del freddo.
Inoltre, è necessario iniettare un numero elevato di particelle virali affinché l’immunità si sviluppi, numero che si attesta intorno a 3.5–6.5×1010. Onde evitare errori, la concentrazione di particelle è misurata in ciascun lotto. AstraZeneca misura la concentrazione misurando l’assorbanza di raggi ultravioletti del DNA del virus, che è proporzionale al numero di particelle. Il lotto K0011 prodotto dalla compagnia Advent in italia aveva un assorbanza elevatissima, che faceva pensare che il lotto conteneva il doppio delle particelle virali consentite. Quindi AstraZeneca ha chiesto ed ottenuto da MHRA, l’autorità inglese sul farmaco, l’autorizzazione a somministrare, solo per questo lotto, metà della dose normale. In totale quindi, in più di 11000 partecipanti allo studio, 1367 pazienti hanno ricevuto meta prima dose e l’intera seconda dose, mentre il resto ha ricevuto due dosi intere o il placebo.
A fine dello studio AstraZeneca si è ritrovata una bella sorpresa: nei 1367 pazienti che avevano ricevuto solo metà prima dose e l’intera seconda dose, l’efficacia era del 90 percento mentre invece, nei restanti che avevano ricevuto due dosi piene, l’efficacia era del 62 percento. Come mai tutta questa disparità? Parte della ragione è perché AstraZeneca non aveva misurato bene: il polisorbato 80, una sostanza presente nel vaccino, interferisce e aumenta l’assorbanza del DNA, dunque la presenza di questo eccipiente aveva ingannato l’azienda e fatto pensare che il lotto era il doppio più concentrato del previsto. In realtà la concentrazione del lotto era nella norma e, dimezzandola, le particelle virali non sono diventate le stesse di una dose intera (come pensava AstraZeneca) ma si sono dimezzate, andando da circa le 4×1010 a 2×1010 . Quindi 1367 pazienti avevano ricevuto metà dose “di particelle virali” alla prima iniezione, e una dose intera alla seconda.
Conclusioni
Anche se non si sa bene perché una ridotta dose di particelle virali sia valsa una migliore risposta, si pensa che forse mimi di più una situazione da infezione di covid in “real life” e sovraccarichi di meno il sistema immunitario. Grazie all’errore di misurazione AstraZeneca ha scoperto che con meno vaccino si può avere più efficacia, e che quindi, a volte, gli errori fanno il nostro bene. Ovviamente, questa può non essere l’unica spiegazione di questa vicenda: infatti la variabilità in 1367 pazienti è molto minore che in 4440 che avevano ricevuto due dosi intere e, in aggiunta, sembra che la dose ridotta non sia stata somministrata a nessuna persona sopra i 55 anni, e questo può alterare di molto le conclusioni dell’analisi. Gli studi di fase 4 che partiranno in contemporanea con la distribuzione del vaccino chiariranno tutti i dubbi a riguardo.
Umberto Rosato
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Umberto è nel campo dell’immunologia ed oncologia da oltre 10 anni, ha un dottorato in biomedicina, è specializzato nel cancro al fegato, ed ha fatto ricerca in alcuni dei più importanti istituti americani a Washington DC e New York. Recentemente, ha deciso di tornar nella sua Italia e mettere a disposizione le sue esperienze nel campo dell’industria farmaceutica.