A cura di Monica Gesualdo, Federica Ferrara, Giada Valsecchi
Revisione di Davide Di Tonno
Il virus SARS-CoV-2, secondo quanto riportato dall’ISS (2020), provoca nel 79% dei casi polmonite da COVID-19. Una percentuale consistente di soggetti infettati con SARS-CoV-2 può andare incontro ad una malattia più severa caratterizzata da alti dosaggi di citochine nel siero, che può portare ad una esacerbazione della sindrome da distress respiratorio e ad insufficienza multi-organo. I livelli più elevati di IL-6 sono stati associati a casi di COVID-19 severi e critici, mentre livelli più bassi di questa citochina sono stati correlati con una malattia più lieve; inoltre, livelli elevati di IL-6 si sono dimostrati predittivi della probabilità di ricorrere alla ventilazione meccanica.
Il Tocilizumab (TCZ), antagonista recettoriale di IL-6, approvato per il trattamento di molteplici malattie infiammatorie, è risultato in grado, in alcuni studi osservazionali, di migliorare gli outcome nei pazienti con polmonite da COVID-19.
Il forte interesse da parte della comunità scientifica nell’utilizzo off-label del TCZ dopo essere stato inserito nelle linee guida cinesi per il trattamento di casi gravi da Coronavirus, ha portato all’impegno da parte di Roche nella donazione del farmaco, dando disponibilità ad AIFA per l’avvio di uno studio clinico no-profit sulla sua efficacia e sicurezza.
TOCIVID-19 è il primo e più ampio studio sul Tocilizumab autorizzato dall’AIFA il 18 marzo 2020.
TOCIVID-19: UNO STUDIO TUTTO ITALIANO
La finalità dello studio, promosso dalla “Fondazione Pascale” dell’Istituto Nazionale Tumori (IRCCS) di Napoli, consiste nella valutazione della riduzione del tasso di mortalità del 10% a due settimane e ad un mese dalla registrazione.
Si tratta di uno studio multicentrico di fase 2 a braccio singolo, effettuato su 400 pazienti per ovviare a casi di ineleggibilità durante lo studio. Questi pazienti costituiranno la popolazione Fase 2 – ITT, distinta dalla popolazione Fase 2 – mITT, rappresentata invece da coloro che hanno effettivamente ricevuto il farmaco. Quanto al regime posologico sono previste due dosi farmacologiche, l’ultima a distanza di 12 ore ed in caso di mancato ripristino della funzionalità respiratoria.
L’eleggibilità allo studio è legata a specifici criteri di inclusione, tra cui un tempo di intubazione inferiore alle 24 ore dalla registrazione. In caso contrario, o anche per motivi di mancata registrazione alla fase 2, o a causa della somministrazione del farmaco prima della registrazione (per casi emergenziali o limiti infrastrutturali e operativi), il paziente risulterà idoneo ad uno studio parallelo di coorte, entrando a far parte della popolazione di Validazione (Validation – ITT). I pazienti che ricevono effettivamente il trattamento costituiscono la popolazione Validation – mITT.
I RISULTATI ATTUALI
I risultati finora ottenuti appaiono incoraggianti: nei pazienti di fase 2 la riduzione della mortalità non è significativa a 14 giorni, ma dopo un mese si ha una riduzione di oltre il 10% su tutti i pazienti (Fase 2 – ITT) e su quelli che hanno effettivamente ricevuto il farmaco (Fase 2 – mITT). Una prognosi ancora migliore presenta la coorte di Validazione per quanto riguarda la mortalità sia precoce che a un mese e in entrambe le popolazioni (Validation – ITT e Validation – mITT).
In base ai dati finora disponibili sull’analisi di variabili multiple, l’effetto maggiore si è osservato in quei pazienti che non necessitavano della ventilazione meccanica entro le 24 ore dalla registrazione.
Le analisi di safety sono state effettuate sui pazienti che hanno ricevuto almeno una dose di farmaco. Per quanto riguarda le morti, un rapporto di causalità è stato osservato solo per un caso su 35 di insufficienza respiratoria, mentre 7 su 8 infezioni fatali erano da SARS-CoV-2. Tra le reazioni avverse al farmaco sono state osservate reazioni allergiche e un innalzamento dei valori di AST e ALT.
Il TOCIVID-19 mostra risultati promettenti, nonostante sia uno studio a singolo braccio non randomizzato, che devono tuttavia essere confermati da altri studi successivi di fase 3 randomizzati.
ALTRI STUDI SUL TOCILIZUMAB: A CHE PUNTO SIAMO?
I trial volti a valutare l’efficacia e la sicurezza del TCZ sono molteplici ed eterogenei sia per quanto riguarda il tipo di studio, che gli endpoint e le popolazioni considerate. Probabilmente anche a causa di questo aspetto, i risultati finora ottenuti appaiono contrastanti.
Per provare a mettere insieme i risultati di diversi trial, è stata effettuata una meta-analisi sui dati di diversi studi con ridotto bias, distinguendo tra retrospettivi e randomizzati. Gli studi retrospettivi evidenziano una riduzione della mortalità, endpoint non raggiunto dai 5 studi randomizzati analizzati, che mostrerebbero invece solo una riduzione della ventilazione meccanica. Questo potrebbe però essere dovuto a un numero dei pazienti non sufficientemente alto per poter apprezzare una differenza di mortalità.
Due studi pubblicati recentemente: RECOVERY e REMAP-CAP, mostrano invece risultati più incoraggianti in questo senso. Si tratta di studi randomizzati, effettuati su un alto numero di pazienti e in entrambi il TCZ sembra correlato a una ridotta mortalità e a un migliore outcome clinico.
Per quanto riguarda i dati di safety, oltre alle reazioni avverse (infezioni, aumento di colesterolo e ALT/AST) da uso cronico del TCZ, osservate in pazienti con patologie reumatiche, la già citata meta-analisi degli studi randomizzati non ha mostrato un aumento del rischio di infezione o altri effetti collaterali riconducibili al farmaco.
Nonostante in tutto il mondo siano stati avviati numerosi studi clinici (circa un centinaio su clinicaltrials.gov) che hanno previsto il trattamento dei pazienti COVID-19 con TCZ, il numero dei pazienti trattati ed i risultati fino ad ora ottenuti sono ancora troppo ristretti per comprenderne pienamente i vantaggi terapeutici.
COME SCEGLIERE LA MIGLIOR TERAPIA?
Bisogna considerare che trattamenti specifici sulla replicazione virale risultano più efficaci nelle prime fasi della malattia, mentre in seguito bisogna intervenire sull’infiammazione. Tra gli antivirali che agiscono sulla trascrizione virale dell’RNA, Remdesivir ha mostrato benefici riducendo i tempi di recupero e di dimissioni del paziente, ma non ha avuto significativi risultati sulla mortalità, comparato con il placebo.
I corticosteroidi sono i soli agenti terapeutici che ad oggi hanno dimostrato un chiaro beneficio in pazienti con COVID-19 severo, con la loro azione anti-infiammatoria.
La funzionalità del sistema immunitario è indispensabile per la guarigione dall’infezione da SARS-CoV-2 e in particolare l’IL-6 ha un ruolo importante nella clearance dei virus. Pertanto, nell’utilizzo del TCZ su pazienti affetti da COVID-19, sarebbe opportuno considerare l’entità della carica virale, lo stato di replicazione del virus e il livello di infiammazione. Molto importante è inoltre diagnosticare e classificare se il paziente ha un moderato, severo o critico COVID-19 per la scelta e gestione farmacologica. L’uso di marcatori clinici e biologici (PaO2 / FiO2, PCR, IL-6, etc.) potrebbe quindi consentire di discriminare tra i pazienti eleggibili per TCZ e di ottimizzare l’efficacia di questo trattamento.
Tra i farmaci utilizzati off-label per gestire l’emergenza derivata dalla diffusione del coronavirus, il TCZ sembra quindi, ad oggi, essere tra i farmaci più promettenti. Si auspica che, in un futuro prossimo, ci sia un notevole aumento nell’utilizzo di anticorpi monoclonali per la cura della polmonite da Covid-19, sfruttando le innumerevoli potenzialità terapeutiche di questa classe farmacologica che ormai viene utilizzata per la cura di svariate patologie.
Monica Gesualdo
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Mi sono laureata in Biotecnologie Mediche e dopo aver lavorato nella ricerca di base ho deciso di avvicinarmi alla ricerca clinica. Mi sono quindi iscritta al corso Missione CRA e sto attualmente cercando impiego in questo settore.
Giada Valsecchi
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Coltivo da sempre un forte interesse per la ricerca e l’innovazione scientifica, per questo motivo ho conseguito la Laurea Magistrale in Biotecnologie. Ho avuto l’opportunità di vivere un’esperienza internazionale, lavorando nella ricerca di base, durante la quale ho iniziato a praticare la Clown-terapia. Ho delineato quindi il mio percorso verso la Ricerca Clinica, perché ritengo sia il mezzo per me ottimale per esprimere la mia propensione nell’aiutare gli altri e per poter donare molto più di un semplice sorriso.
Federica Ferrara
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Dopo il conseguimento della Laurea magistrale in Farmacia e dell’abilitazione alla professione ho deciso di investire sulla mia formazione e approfondire il settore della Ricerca Clinica. Con il Corso di Alta Formazione “Missione CRA” ho aggiunto un tassello importante al mio background approfondendo un settore affascinante e al quale sono da sempre appassionata. In linea con la mia attitudine verso il progresso scientifico e la salvaguardia del benessere dei pazienti intendo allargare i miei orizzonti professionali allo scopo di avere un impatto più incisivo sulla vita altrui.