A cura di Maria Giovanna de Marino
Revisione di Davide Di Tonno
In occasione della festa della donna, la rivista MakingLife Magazine ha dedicato il numero di marzo interamente alle donne, raccogliendo diversi spunti di riflessione sul leitmotiv: donne e salute. Le voci (maschili e femminili) raccolte in questo magazine cercano infatti di approfondire che posizione occupa la figura femminile nel mondo del lavoro e nella ricerca clinica, evidenziando alcune criticità sulle quali è davvero necessario lavorare.
L’effetto collaterale della disoccupazione chiamato “COVID-19”
Accanto alle problematiche in termini di “healthcare” di cui si discute quotidianamente, la diffusione del COVID-19 ha determinato anche degli effetti collaterali nel mondo del lavoro. Un’indagine ISTAT ha evidenziato come la preesistente disparità di genere nel settore dell’occupazione sia stata ulteriormente dilatata proprio a causa della pandemia. È stato stimato che il 98% dei lavoratori che sono rimasti disoccupati o inattivi durante l’ultimo anno siano proprio donne. La pandemia però è solo riuscita a far emergere una frattura già esistente con radici che si insinuano negli stereotipi di genere e/o nella realtà che vede le donne strette tra vita lavorativa e cura della famiglia.
L’istruzione è donna, ma…
Quando si parla di donne e del loro rapporto con lavoro e istruzione ci si imbatte spesso in un paradosso difficile da decriptare fino in fondo. Nel contesto lavorativo, i ruoli apicali sono a maggioranza maschile; eppure, secondo le stime annuali di AlmaLaurea, sono per lo più le donne ad affollare le aule universitarie della maggior parte delle facoltà. Il fattore che più di tutti determina questa deriva di genere risiede proprio nella maggiore difficoltà in cui si imbattono le donne nell’accesso al mondo del lavoro (figurarsi nel raggiungere posizioni apicali). Lo stesso Presidente del Consiglio Mario Draghi, durante il suo primo discorso in Parlamento, ha posto l’accento su questa tematica (che ha purtroppo carattere europeo), dichiarando che promuovere l’uguaglianza non vuol dire semplicemente rispettare le quote rosa, ma garantire parità di condizioni competitive tra genere. Cosa si può fare nel concreto? Prima ancora di imporre regole come le quote rosa, bisogna educare e bisogna spingere sulla cultura. Va rafforzata la consapevolezza e il riconoscimento sociale del ruolo femminile, in primis nel contesto professionale.
Il gap uomo – donna anche nella medicina di genere
La medicina di genere rientra a pieno titolo nella medicina personalizzata. Si tratta di un approccio clinico che tiene in considerazione le differenze fisiologiche e psicologiche tra generi (che possono avere natura specie-, cellula-, parametro- specifica). Ciò implica che malattie e terapie possano avere conseguenze ed esiti diversi proprio a seconda del genere. Eppure, le donne risultano meno coinvolte nei trial clinici nonostante siano più frequentemente colpite da reazioni avverse (basti pensare all’attuale dibattito sull’incidenza di VIIT nelle donne, a seguito di vaccinazione contro COVID19), e presentino differenze farmacocinetiche e farmacodinamiche legate alla loro dimensione e composizione corporea. I motivi di questo gap in termini di partecipazione agli studi clinici potrebbero risiedere nella variabilità ormonale, nel rischio della gestione di eventuali gravidanze, nella scelta stessa delle donne di non aderire ai trial a causa di un impegno familiare gravoso.
Proviamo a vederci “rosa”!
Fortunatamente sembra che qualcosa si stia già muovendo, sia nel riconoscimento del valore aggiunto della leadeship femminile nel contesto aziendale, sia nella definizione di una medicina più inclusiva. Ad esempio, in uno studio di McKinsey si è evidenziato che le aziende con più del 30% di donne nel team tendono a superperformare, poiché con la loro presenza si aggiungono ulteriori competenze e punti di vista differenti e innovativi.
In un’indagine di Farmindustria emerge come il settore Pharma stia davvero compiendo qualche passo nel favorire l’occupazione femminile, grazie all’introduzione di strumenti che favoriscono la conciliazione vita – lavoro e le opportunità di genere, tra i quali:
- la flessibilità di orari;
- l’offerta di servizi;
- la formazione specifica;
- l’aggiunta di strumenti di sostegno della diversità;
- l’introduzione di iniziative per favorire il rientro a seguito di congedi per malattia o maternità.
In aggiunta, il Ministero della Salute ha promosso un Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere (art. 3, comma 1, Dls 3/2018, versione 6 di maggio 2019) che si pone come obiettivo una maggiore inclusione di genere nella medicina e nella validazione di dispositivi medici. Gli obiettivi concreti di questo piano sono:
- implementare la medicina di genere nei bandi nazionali/internazionali;
- sviluppare la ricerca biomedica e farmacologica sulla medicina di genere;
- trasferire al Sistema Sanitario Nazionale (SSN) le evidenze che ne derivano con fine diagnostico e preventivo.
Ulteriore spunto concreto nel contesto della ricerca clinica, emerge inoltre dalla revisione “Sex-gender variable methodological reccomandations for increasing scientific value of clinical studies” dove vengono definite alcune regole per migliorare la ricerca clinica integrando la variabile del genere negli studi clinici, tra le quali:
- definire la terminologia di genere negli studi;
- considerare tutte le fasi di vita di una donna;
- rilevare le differenze di genere della risposta a placebo/nocebo;
- capire come poter affrontare negli studi clinici la fase fertile femminile;
- valutare i possibili impatti del genere sui biomarcatori;
- sensibilizzare la componente non medica (si pensi al Comitato Etico) su queste tematiche in modo che vengano discusse anche a favore dell’approvazione stessa dei trial;
- promuovere training che combattano pregiudizi che potrebbero influire sull’interpretazione dei dati;
- prevedere un’anamnesi che tenga conto anche del livello socioeconomico, dell’istruzione, della localizzazione geografica, del microbiota;
- registrare la farmacocinetica e la farmacodinamica in modo sesso-specifico;
- considerare l’effetto del sesso del figlio nelle donne arruolate nei trial.
Le prospettive future
C’è ancora del grosso lavoro da fare per rendere quotidiani gli spunti emersi da questo dibattito a carattere europeo, le premesse però sono promettenti. E chissà che la ricerca clinica (ancora una volta) possa davvero essere la protagonista di una svolta possibile…
Maria Giovanna de Marino
https://www.linkedin.com/in/maria-giovanna-de-marino/
PhD in medicina sperimentale e traslazionale, con la diffusione della pandemia mi sono avvicinata e appassionata alla ricerca clinica. La partecipazione al corso MissioneCRA mi ha permesso di immergermi in questo nuovo ambito lavorativo e di muovere i primi passi in ricerca clinica come Clinical Research Coordinator.