Un guest post scritto qualche tempo (ma sempre attuale) fa da Gianfranco Angotzi. Gianfranco ha partecipato al corso di alta formazione in Ricerca Clinica “Missione CRA” nel 2014 per poi iniziare la sua carriera come CRA presso l’Istituto Mario Negri.
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Uno studio clinico prima di poter essere svolto necessita dell’approvazione da parte del Comitato Etico. Secondo la Dichiarazione di Helsinki il medico deve promuovere e salvaguardare la salute, il benessere e i diritti dei pazienti, inclusi quelli coinvolti nella ricerca medica. Sia i clinici che i Comitati Etici hanno quindi due tipi di doveri: il dovere di salvaguardare i diritti dei partecipanti allo studio (dovere individuale) e il dovere verso la società (dovere sociale) di promuovere il miglioramento dei trattamenti medici. La randomizzazione potrebbe creare delle tensioni tra questi due doveri? Secondo il dovere individuale ogni paziente deve essere sottoposto al trattamento migliore e specifico per la sua persona. Ma la randomizzazione fa in modo che i trattamenti vengano assegnati causalmente sulla base del protocollo dello studio clinico. Per superare questa situazione è necessario che non ci sia, da parte dei clinici e del Comitato Etico, nessuna preferenza di un trattamento rispetto ad un altro, cioè devono avere una sostanziale incertezza riguardo ai meriti dei trattamenti proposti. In altre parole, essi devono essere in una condizione di ‘equipoise’, che in italiano potremmo tradurre come equidistanza. Si parla di clinical equipoise riferendosi alla comunità di esperti i quali sono onestamente e razionalmente incerti su quale dei trattamenti sia migliore. Si parla invece di individual equipoise se si riferisce al singolo medico o al paziente stesso.
Ma che succede se un medico non si trova in uno stato di individual equipoise e ha una preferenza verso un trattamento rispetto ad un altro? E’ etico che arruoli pazienti e questi poi vengano assegnati secondo randomizzazione verso un trattamento che lui ritiene inferiore? E’ proprio il concetto di clinical equipoise che ci aiuta superare questo problema. Infatti ci possono essere delle situazioni in cui la mancanza di equipoise da parte del singolo medico sia comunque accettabile dal punto di vista etico. Un esempio è dato dai casi in cui non ci siano sufficienti risorse per permettere l’accesso al trattamento per tutti. Oppure dai casi in cui l’accesso al trattamento sperimentale, presumibilmente superiore, sia limitato da un terzo soggetto (autorità regolatoria) il quale potrebbe ritenere che esso richieda una valutazione migliore attraverso un trial clinico randomizzato (randomized clinical trial, RCT), anteponendo il dovere sociale a quello individuale. In questo modo risulta eticamente giustificata anche la preferenza verso uno dei trattamenti da parte del singolo medico.
Il concetto di clinical equipoise è fondamentale nei RCT poichè indirizza la questione più importante: la scelta di un trattamento di controllo adeguato. Infatti, nel caso di disegni di protocollo altamente distorti, come nell’uso di trattamenti evidentemente inferiori, o altri problemi metodologici, la comunità scientifica e il Comitato Etico in stato di equipoise garantiscono un controllo rigoroso prima dell’approvazione del trial. Una premessa fondamentale in ricerca clinica è che gli sperimentatori non possono prevedere il risultato di uno studio. I RCT servono per risolvere le incertezze riguardo agli effetti di alcune (in genere due) alternative terapeutiche che, prima che venga effettuato lo studio, si ritengono circa uguali in termini di superiorità di uno rispetto all’altro. Pertanto, la necessità di effettuare un RCT consiste nella volontà di affrontare le incertezze riguardo ai meriti di concorrenti alternative di trattamento. Se non c’è incertezza non c’è nemmeno necessità di effettuare un RCT. Infatti, se i ricercatori conoscessero in anticipo il risultato del trial, la ricerca sarebbe scientificamente ed eticamente inaccettabile. Scientificamente non si avrebbero nuove conoscenze, ed eticamente esporrebbero una parte dei pazienti ad un trattamento evidentemente inferiore. Quindi l’arruolamento in un RCT è eticamente e scientificamente giustificato solo nel caso in cui ci sia una sostanziale incertezza riguardo a quale trattamento risulterà superiore. La clinical equipoise ha quindi un ruolo nel favorire le scoperte cliniche. Se non ci fosse incertezza e il risultato dei trial potesse essere predetto, i pazienti rifiuterebbero l’arruolamento e tutto il sistema dei RCT andrebbe a cadere. Perciò, quando il principio di equipoise è rispettato, sia i membri del Comitato Etico che i pazienti trovano più semplice l’arruolamento nel RCT. Come risultato, viene preservato il sistema della sperimentazione clinica, permettendo il miglioramento della scienza medica. Solo quando i risultati non possono essere previsti in anticipo la strada più razionale dei pazienti e ricercatori è la randomizzazione. Tuttavia, i ricercatori sperano che il nuovo trattamento sia superiore a quello standard. Essi non si trovano mai in una condizione di perfetta equipoise. Sia i ricercatori che gli sponsor devono credere nel successo del nuovo trattamento in maniera da giustificare l’investimento materiale ed intellettuale che comporta un RCT. Per motivi etici e pratici non possono testare ogni loro idea e sono vincolati al principio dell’incertezza. Ed è questa esigenza etica di incertezza che determina progressi della medicina perchè solo così i pazienti possono accettare l’arruolamento e i Comitati Etici possono approvare lo studio che porterà i ricercatori a progressi nella ricerca clinica.
Gianfranco Angotzi