Convegno “Il Valore della Ricerca Clinica e sviluppo delle nuove tecnologie digitali”. Resoconto di una partecipante

Martedì 21 novembre 2017, presso l’Aula Magna del Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale dell’Università degli Studi di Milano, si è svolto il convegno dal titolo “Il Valore della Ricerca Clinica e sviluppo delle nuove tecnologie digitali”, organizzato da Medicalink in collaborazione con la Scuola di Specializzazione in Farmacologia e Tossicologia Clinica.

 

Il convegno, svoltosi all’indomani della “sfortunata” votazione sulla nuova sede dell’EMA, è stato organizzato per riflettere sul ruolo della ricerca clinica nel nostro Paese. Hanno preso parte esponenti del mondo accademico, aziendale ed istituzionale, al fine di dare voce a tutti gli attori coinvolti nella ricerca clinica.

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Ad aprire il convegno è stato il Prof. Canti (Direttore della Scuola di Specializzazione in Farmacologia e Tossicologia Clinica), il quale ha sottolineato la centralità del paziente nel processo di sviluppo del farmaco, e l’importanza dei dati raccolti con gli studi di fase IV. La ricerca clinica viene generalmente suddivisa nelle 4 fasi, ma questa classificazione è finalizzata alla sottomissione del fascicolo del prodotto alle Autorità Regolatorie, in modo da far approvare il farmaco e immetterlo nel mercato.

Ciò che è più importante per i medici e per la pratica clinica sono i dati su larga scala, quelli raccolti con gli studi di fase IV. In questi studi, infatti, il farmaco è già provato nella cosiddetta “real life” e non nelle popolazioni accuratamente selezionate nelle fasi precedenti dello sviluppo clinico. Per questo è importante tenere a mente che tutto il processo di sviluppo del farmaco non ruota attorno alla sua commercializzazione, bensì è finalizzato ai pazienti, che potranno farne uso una volta approvato.

 

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Successivamente, la dott.ssa Gramaglia (Direttore dell’Ufficio Sperimentazioni Cliniche di AIFA) e la dott.ssa Popoli (Istituto Superiore di Sanità) hanno parlato della ricerca clinica come opportunità per il Paese anche per il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), con particolare riferimento alla ricerca “no profit” o “ricerca indipendente”, non a fini di lucro.

Sebbene si possa pensare che la ricerca profit e quella no profit siano distinte, in realtà lavorano insieme per un obiettivo comune, ovvero raggiungere risultati scientificamente validi, che richiedono notevoli investimenti economici, e che allo stesso tempo possono generare introiti economici da reinvestire.

Quindi, per il SSN la ricerca clinica rappresenta un’opportunità in quanto:

  • Migliora l’assistenza clinica;
  • Favorisce l’aggiornamento continuo del personale e degli operatori sanitari;
  • Rappresenta una fonte di introiti economici provenienti dagli Sponsor, che possono generare ulteriori introiti da reinvestire per la ricerca no profit.

Purtroppo, in Italia la ricerca clinica non viene vista in quest’ottica, ma viene vista come una spesa, e anche gli investimenti in R&D nel nostro Paese sono molto bassi rispetto alle medie europee.

 

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Dopo questo excursus sulla ricerca no profit è intervenuto il dott. Scatigna (Direttore Medico di Sanofi Italia), il quale ha presentato i dati di un interessante studio sulla distribuzione geografica e i trend degli studi clinici a livello mondiale (dati del 2015).

Secondo questo studio, l’Italia si trova al settimo posto nella classifica dei 25 Paesi con il più alto tasso di reclutamento dei pazienti, e questo è un ottimo dato.

Tuttavia, occorre anche specificare che l’Italia è un Paese di spicco per gli studi di fase II, in cui sono coinvolti alcuni centri di eccellenza. Lo stesso non può dirsi per gli studi di fase III, che necessitano di un numero più vasto di pazienti, e pertanto devono fare leva sui centri più periferici sparsi sul territorio nazionale.

Proprio sugli studi di fase III, l’Italia perde competitività rispetto ad altre nazioni, come i Paesi dell’Europa dell’Est, visti di buon occhio dalle aziende farmaceutiche.

 

Infine, è intervenuto il dott. Visani (Presidente di Exom Group srl), il quale ha esposto un’interessante relazione sulle innovazioni tecnologiche che si stanno sempre più diffondendo in ricerca clinica.

In particolare, ha fatto riferimento a:

  • Monitoraggio da remoto, opportunità che consente di migliorare la vita dei CRA riducendo le visite nei centri sperimentali, con conseguente riduzione dei tempi e costi del monitoraggio;
  • Informatizzazione del Consenso Informato, che permette di migliorare la comprensione dei pazienti, riducendo così il tasso dei “drop-out”, cioè dei pazienti che si ritirano dalla sperimentazione in corso;
  • Informatizzazione delle cartelle cliniche e dei Trial Master File, per migliorare la qualità e la comprensione dei dati e ridurre i problemi relativi agli archivi per le sperimentazioni.

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Alla luce di quanto emerso durante il convegno, si evince che l’Italia è un Paese in cui si effettua ricerca di qualità, sia profit che no profit, e in cui si possono raggiungere ottimi risultati scientificamente validi. Tuttavia, occorre investire maggiormente nel settore R&D e creare delle strategie per portare innovazione nel Paese, in modo da essere più competitivi con i Paesi emergenti.

Un’opportunità potrebbe essere rappresentata dal “ddl Lorenzin”, recentemente approvato dalla Camera, che ha l’obiettivo di riformare il Paese in materia sperimentazioni cliniche in vista dell’introduzione del nuovo Regolamento Europeo n.536/2014, la cui entrata in vigore è stata rimandata al 2019.

Certamente, anche il trasferimento della sede dell’EMA avrebbe aiutato l’Italia, ed in particolare Milano, ponendola come  hub della ricerca clinica in Europa.

Con la delusione di non aver vinto la partita ai “calci di rigore”, resta comunque indiscusso il ruolo dell’Italia a livello europeo, grazie alla qualità delle ricerche che vengono svolte e alla preparazione dei professionisti – accademici e non – che lavorano insieme per portare innovazioni e nuove terapie ai pazienti.

 

Giorgia Latteri